Una
beffa, per certi versi amara, per altri tragica. Mentre la Sicilia è
dolorosamente al centro di quei viaggi che attraversano il Mediterraneo e fanno
tappa qui da noi con tragiche conseguenze, fatte di morte, dall'altra parte
apprendiamo, ecco l'amarezza, che l'Isola e con lei una parte del Sud,
rischiano di essere tagliati fuori dalla rete dei trasporti europei. Siamo
utili solo per accogliere i viaggi dei disperati del terzo mondo. Altro che
ponti, strade, ferrovie, porti, solo una semplice e precaria zattera per dei
poveri cristi. Un approdo per le carrette del mare con il loro carico di
dolore.
Se
questa è la triste realtà di oggi, sembra che nulla cambierà nel futuro, dato
che per quanto riguarda i viaggi di una vera speranza di sviluppo, la Sicilia,
secondo l'Europa, non è abilitata ad averli. L'allarme lanciato ieri proprio
sul nostro giornale dal prof. Francesco Russo, docente di trasporti e logistica
all'Università di Reggio Calabria, sembra più che giustificato. Anche perché
registra quella che da anni è la realtà: niente Ponte, tanto fantomatico da non
crederci più, ma nemmeno strade, porti, attraversamento multimodale dello
Stretto. A Tallin dal 16 al 18 di questo mese si discuterà delle reti europee
di trasporto. Un programma che vede ai margini la Sicilia e il Sud. Non
sappiamo ancora se la nostra Regione sarà rappresentata o, meglio, se l'Italia,
che sicuramente sarà presente, cercherà di fare apportare delle varianti a un
piano che, come si è detto, sembra destinato a penalizzarci. Si salverebbe, ma
era già previsto, l'alta velocità sulla Napoli-Bari. Oltre, ci sarà il deserto.
Anzi, rimarrà quel deserto che viviamo da decenni. Avevamo preventivato che con
la realizzazione della Napoli-Bari si sarebbe creato nei trasporti su rotaia,
una specie di «cintura di castità», oltre la quale sarebbe stato considerato
quasi uno stupro alla verginità di un territorio, Stretto di Messina compreso,
che secondo «interessati» ambientalisti nell'anno Duemila dovrebbe rimanere
tale.
La
speranza che qualcosa cambi sembra vana. La nostra classe politica è distratta
da liti che vanno da Roma a Palermo. Incurante del grave stato di crisi del
Paese. A Roma il Pdl si lacera per vedere chi prenderà il testimone
dell'azzoppato Berlusconi. Nel Pd Enrico Letta è assediato da nemici più che da
compagni, con un Renzi in piena transumanza da destra a sinistra, e viceversa,
del suo partito. I Cinque Stelle, che hanno avuto in febbraio un consenso
popolare fatto di gente senza partito, si destabilizzano da soli. A cominciare dal
capo Beppe Grillo. In Sicilia, Crocetta, a sua volta, vivacchia con una
maggioranza che non ha e, quindi, è costretto a continui maldipancia. Viene
spontaneo chiedersi: ma, allora, a Roma come a Palermo, chi ci governa?
Difficile la risposta.
Non
parliamo, poi, dei mass media. La Sicilia per loro fa notizia solo quando ci
sono di mezzo la mafia e, attualmente, i tragici sbarchi di migranti. Con
ecatombe, lacrime, e ipocriti discorsi di solidarietà. Per il resto interessa
poco, tranne statisticamente, l'arrivo di migliaia di uomini, donne e bambini
in cerca di aiuto. Che la Sicilia nel Mediterraneo sia frontiera e crocevia
allo stesso tempo dell'Europa, non lo si vuole capire. Ecco perché, come si è
detto sopra, le infrastrutture di cui necessita l'Isola sono un opzional. Letta
e Barroso arrivano a Lampedusa si inginocchiano, promettono e vanno via.
Passato il dolore tutto tornerà come prima. La Bossi-Fini, certamente occorre
correggerla, ma non deve essere un alibi per non fare niente. La contestata
legge serve solo per fare lunghi dibattiti. Il reato di clandestinità oggi è un
assurdo. Tra l'altro è difficile applicarlo. La procura di Agrigento, ad
esempio, ha dodicimila di queste pratiche, ma difficilmente riuscirà a
evaderle. Del resto, chi condanni? E perché? Perché chiedono aiuto? Addirittura
sono previste delle multe. Ma se quelli che arrivano, hanno, anzi avevano, solo
il denaro per pagare la mafia degli scafisti? Se non c'è la solidarietà di
tutte le nazioni, non solo europee, nel nostro mare i disperati continueranno
ad arrivare e, molti, a morire. Con un'altra beffa, agghiacciante: non siamo
neanche in grado di seppellirli.
Domenico
Tempio
La
Sicilia - Domenica 13 Ottobre 2013 - Prima Pagina, pagina 1
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