Colloquio
"Con il doppio dei passeggeri io il convoglio lo fermo e basta" Dopo
il caso di Ventimiglia, la solidarietà' del sindacato al capotreno.
«Ho una
moglie e tre figli e l'ultima cosa che voglio che mi capiti è che qualcuno si
senta male e collassi sul treno perchè non si respira. Poi a Guariniello chi
glielo spiega che ho chiamato la centrale operativa per dire che eravamo pieni
come un uovo, con il doppio dei passeggeri a bordo e loro mi hanno risposto che
mi dovevo arrangiare e valutare. Io il treno lo fermo e basta. Non mi rovino
perchè' loro tagliano personale e convogli. Massima solidarietà' al collega
che, l'altro giorno in Liguria, ha bloccato tutto». Maurizio Cito, 52 anni, 20
passati in ferrovia, professione capotreno, è anche uno dei coordinatori
nazionali del sindacato dell'Orsa. Il suo lavoro è questo: «Controllo la
sicurezza dei convogli e i biglietti dei passeggeri. Faccio il mio lavoro con
scrupolo ma sui treni per la Liguria è impossibile chiedere il biglietto a
tutti perchè su sette carrozze che possono portare teoricamente 600 persone ne
salgono 1000». Il suo racconto è' un viaggio nel calvario dei passeggeri «che
però, sia chiaro - dice - è anche la nostra via crucis. Siamo noi che ci
prendiamo insulti tutti i giorni. Se i viaggiatori sapessero che quasi nulla
dipende dal capotreno sarebbe già una consolazione. Il fatto è che anche per
noi vale la regola delle Poste: se sei in coda e si procede a rilento te la
prendi con lo sportellista mica con il direttore della filiale». E' così il
viaggio verso il mare, visto con gli occhi del «padrone del treno», è ancora
più sorprendente di quello visto dagli utenti imbufaliti. Ti aspetti smentite,
spiegazioni, difese a spada tratta, e arriva invece una verità scomoda
destinata ad alimentare altre polemiche. Un racconto a tappe: «Il treno per
Torino resta per ore parcheggiato alla stazione di Ventimiglia. Sotto il sole
cocente. Quando si sale ci sono 40 gradi. Se funziona l'aria condizionata ci
vogliono almeno 40 minuti perchè rinfreschi un pò. Intanto da Albenga e
Alassio sale l'orda di passeggeri. Ti affacci e capisci che non ce la farai mai
a passare e chiedere il biglietto a tutti e così rinunci. Torni indietro».
D'accordo, ma così Trenitalia ci perde. O no? «Il problema è che in tutte le
fermate salgono tantissime persone che spesso non pagano. Ma se passo in quei
corridoi stracolmi a chiedere i biglietti il rischio aggressione è altissimo.
E poi guardi, a mettersi nei panni dei passeggeri, in quelle condizioni, non
puoi nemmeno difenderti. Hanno pagato un biglietto e vogliono un servizio che
in quella situazione nessuno gli sta garantendo. Va detto anche che se la
Regione stanzia un budget minimo l'azienda mette a disposizione un numero di
treni proporzionale alla spesa prevista». Tornando al viaggio della speranza,
il rischio di far ripartire dalla stazione un treno carico il doppio del
consentito è altissimo: «Se si sente male qualcuno, se un passeggero ha un
collasso, un attacco di panico, una crisi respiratoria, sono io che rispondo
penalmente. Il fatto è che non ci sono regole chiare che possano aiutarci in
questa decisione. Quando chiamiamo la sala operativa rimandano tutto al nostro
buonsenso. Se continuano a salire persone che neanche possiamo più chiudere le
porte, beh a quel punto io fermo tutto». E ancora: «Lì con la divisa a
rappresentare l'azienda ci siamo noi, i controllori. I parafulmini di tutto.
Quando qualcuno diventa violento a me tornano in mente i ragazzi e mia moglie e
spero che non mi capiti nulla. E come succede a me, glielo garantisco, capita a
moltissimi altri colleghi».
GIUSEPPE
LEGATO - La Stampa - 18 agosto 2013 pag. 19
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