Non avrei mai voluto scriverlo perché questo giornale si batte da 50
anni per la realizzazione sullo Stretto di Messina del ponte più lungo del
mondo: 3.300 metri a campata unica, lavoro per 30 mila persone per dieci anni
nelle regioni con il più alto tasso di disoccupazione. Torri di sostegno di 400
metri, più alte della Tour Eiffel, con dentro ristoranti, alberghi e uffici,
treni veloci che passano su quel ponte. Un sogno che va in frantumi, ma
soprattutto una speranza per la Sicilia che si perde nell'incomprensione
generale. Un'opera considerata a torto come voluta da Berlusconi e quindi
politicamente da affossare con tutti i mezzi. Gli ingegneri italiani
costruiscono ponti nel mondo, ma non qui, non in Sicilia. A questo punto non
vale niente la legge del 1971 che istituì la società Stretto di Messina con
l'incarico di realizzare il Ponte, non vale più perché il governo uscente ha
revocato con arroganza la concessione invece di lasciare la questione al
subentrante, non vale più il bando di gara internazionale vinto da una cordata
di grandi imprese: l'Italia è un Paese che non rispetta i patti e nemmeno se
stessa. Non vale più l'interesse del mondo per il ponte contro un'orda di voci
contrarie a tutto, al Ponte, alla Tav Torino-Lione, al rigassificatore di Porto
Empedocle. Non si può fare la battaglia contro i mulini a vento, ma non l'abbandoniamo.
I sogni possono tornare.
La Sicilia Mercoledì 27 Febbraio 2013 Prima Pagina, pagina 1
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